Palla Mancata 

ANNO XVIII - NUMERO 6

2 GIUGNO 2018

Notiziario quasi serio su quello che riguarda, non riguarda o potrebbe riguardare il softball, e non solo, a Caronno Pertusella e dintorni

TORNEO DELLA REPUBBLICA


CHI, COME, DOVE E PERCHÉ

NODI E PETTINE

Come giustamente previsto il girone di andata si chiude riportando Caronno con i piedi per terra per quanto riguarda la media battuta di squadra, e anche per il pareggio nel derby con Saronno.

Questa settimana l'attenzione è rivolta al 6° Torneo della Repubblica, doppio logo con il Città di Caronno (alla 40a edizione!), in particolare al doppio test match tra Italia e Venezuela, squadre che sono inserite nello stesso girone ai mondiali in Giappone, dal 2 al 12 agosto.

Ci aspettiamo, intanto bel tempo, ma soprattutto molto pubblico. Il softball richiede eventi e sono questi che catalizzano l'attenzione degli appassionati, come è ormai dimostrato.

Buon divertimento a tutti, in attesa che il 9 giugno inizi il girone di ritorno con il derby della Varesina, quando al Francesco Nespoli arriverà Bollate.


Personaggio della settimana: La nazionale del Venezuela.


AD  OVEST  DI   PAPEROPOLI

FUTURO
di BIDUS

Un vaticinio può avvenire per ispirazione divina  ma non è il nostro caso) o grazie ad una capacità personale di prevedere eventi futuri. Vaticinio dal latino "vates"e "canere" cantare.

Canto del poeta. Ora ascoltami bene, cantante della sfiga universale, non ti nomino per salvaguardarmi, ma tu sai che sto parlando di te.

Io nel mio buco mi trovo benissimo ed ora sono assolutamente certo che posso rifare il pavimento e sostituire la carta da parati, perché resterò il quel buco almeno per un altra stagione. Ma una domanda sorge spontanea dalla gola riarsa: "Come siamo messi a media battuta? Piove ancora? ".

Rifletto e straparlo. Avete uno splendido campo che va dalle Alpi alle piramidi dal marzapane al Reno, e non può essere diversamente visto e considerato che frequentate i piani alti del condominio. Noi poveri mortali barboni ci arrabattiamo tra falsi invalidi e suonatori di pifferi. Ma il buco può anche essere interessante nel suo essere "buco".

Dal buco nero può spuntare un serpente galattico che getta plasma ed energia, può essere usato da una banda del napoletano per mettere a segno una rapina presso una filiale della "cariparma". Il buco può ridursi del 20% come quello dell'ozono, e poi , udite udite lo scienziato Peter Hintz della Berkley University ha individuato una speciale tipologia di buco. Al suo interno sono presenti due orizzonti, il secondo chiamato "orizzonte di Cauchy" è molto interessante. Se un viaggiatore vi si avventurasse vedrebbe il suo passato completamente cancellato, e davanti a sé si presenterebbero un numero infinito di futuri possibili.

Pensate ad una serie infinita di futuri possibili, illimitate possibilità di scelta, un inesauribile, sterminato immorale catalogo di situazioni future tra cui decidere di tuffarsi. Opterei subito per l'opzione ricco, molto ricco, ricco sfondato.

Però non pensate subito male, non starei sdraiato su una spiaggia esotica sorseggiando Lambrusco di Modena, no, mi concentrerei invece su una squadra di Softball e prenderei il migliore allenatore sulla piazza, gli darei carta bianca per costruire una squadra vincente con un numero illimitato di atlete straniere, con la possibilità di avere anche le migliori atlete italiane, prendendole con svincoli molto onerosi dalle altre società, le quali dopo avere lavorato duramente non riescono a trattenere le loro atlete allettate dal mio Club che si chiamerà "Lucignolo's" in onore del mascalzone orecchiuto di Collodi.

Avrei fisioterapisti, dottori, psicologi, per le coppe farei venire giocatrici professioniste da oltreoceano e vincerei tutto e vincerei sempre.

Come dite? Arrivo tardi? Esiste già? (*) Va bene, allora vorrà dire che mi occuperò di allevamento di opossum o di campionati di dita nel naso.

Ossequi

GB

(*) Certo che esiste già, ma in un altro sport, e si chiama Juventus.


NÉ TIFOSO, NÉ TECNICO (Commenti in libertà)

IL LAVORO PAGA
di
KARL DER GROßE

Prima di iniziare volevo “rispondere” alle puntualizzazioni “asteriscate” fattemi dall’editor nel precedente numero:

(*) …mi avvalgo della facoltà di non rispondere

(**) L’alternativa, per me, era non fare l’intergirone

(***) In realtà, se proprio si doveva fare, credo fosse fattibile non solo a Bollate, ma in tutti gli impianti che hanno l’illuminazione giocando 4 incontri al sabato e 4 alla domenica con inizio prima partita h. 11:00 e a +30’ le successive oppure 4 il sabato e 2 la domenica “occupando” un fine settimana in più… fermo restando che ritengo che la soluzione migliore fosse non fare l’intergirone.

A questo punto mi sento in dovere… anche io, visto che lo hanno fatto tutti, delle “novità” che vedono la RHEA primeggiare nelle graduatorie di squadra riferite alla media battuta e, fatto altrettanto inusuale, anche in quella delle lanciatrici… graduatorie in cui veniamo precedute, alternativamente, solamente dal “Bussolate” con la differenza che il “Busso” è tra le prime tre sia anche in difesa mentre il “late” non è pervenuto tra le migliori per la media battuta e questo dà l’idea di chi è… l’unico candidato allo scudetto sempre che Forlì non ci metta lo zampino e… sempre tenendo a mente le parole di Dox sulla “bontà” dei dati di quest’anno.

Torno alle graduatorie di squadra e al titolo di questo “articolo” per sostenere, una volta di più, quanto l’impegno e il lavoro, almeno nello sport… pagano.

Prendo un caso singolo e poi parlo della squadra.

Tutti, anche a Caronno Pertusella, oggi, siamo piacevolmente stupiti delle capacità offensive messe in mostra da Michelle Floyd che, come tutti i lanciatori americani, per i 4 anni di College ad Arizona non doveva neanche pensare di prendere la mazza per andare a battere, ma doveva dedicarsi esclusivamente a lanciare.

Dovendo sostituire un giocatore molto più che completo come Karla Claudio, quando è stata contattata Michelle, “timidamente” le è stato chiesto se… se la sentiva di giocare anche in attacco, oppure no.

La risposta di Michelle è stata entusiasta, oltre che sincera, e l’ha fatta lavorare duramente su questo aspetto già prima di arrivare da noi e poi, praticamente, tutti i giorni nella ritrovata gabbia di battuta di Caronno e… i risultati sono sotto gli occhi di tutti…

Ma Michelle non è l’unica che con umiltà e con il duro lavoro, approfittando della ritrovata gabbia di battuta al campo, ha migliorato in battuta, ma TUTTE le ragazze consapevoli dei propri pregi e, soprattutto, dei propri difetti, da quest’anno si sono dedicate, spesso, in completa autonomia, a migliorare confidenza e tecnica di battuta dimostrando con i fatti che, lavorando e sfruttando un gruppo unito, si possono superare limiti che anche i più competenti ritenevano insuperabili… certo poi il talento e la predisposizione fanno sempre la differenza, ma i migliori risultati di quest’anno vi posso assicurare che non sono figli del caso, ma della maturità e consapevolezza raggiunta dalle ragazze con il lavoro quotidiano fatto di pura passione e… per questo sono sicuro che… le sorprese non finiranno qua… credetemi.

Certo è vero che… non bisogna abbassare la guardia e smettere di lavorare, la sconfitta in gara due a Saronno lo conferma, inoltre nel girone di ritorno e, soprattutto, nel “fantomatico” Intergirone troveremo squadre rafforzate rispetto ad oggi e squadre che… non conosciamo con le quali dovremo aggiungere al nostro gioco quel poco di “cattiveria” agonistica che oggi non tutte le nostre ragazze hanno.


IO PROPRIO IO - Interviste a bordo campo

INTERVISTA A GIULIA FIORENTINI #20

Per chi non la conoscesse, vi presentiamo Giulia Fiorentini che rientra alla Rhea alla conclusione della stagione giocata in NJCAA dove ha giocato con la formazione dei Saints del Santa Fe College di Gainesville in FLORIDA.

Cominciamo con la domanda di “rito”: Come ti sei avvicinata a questo sport?

GIULIA: L’avvicinamento al Softball è stato una coincidenza fortunata. Quando avevo 6/7 anni degli amici di famiglia di origini americane sono venuti a cena a casa e hanno portato una mazza e una palla di gommapiuma per far giocare i bambini. A quanto pare, nonostante non avessi mai visto una mazza prima di quel momento, ci prendevo abbastanza e scherzando i nostri amici ci hanno consigliato di provare a farmi giocare. Il caso volle che la mia maestra di matematica del tempo, Simona Meroni, fosse una ex giocatrice e allenatrice a Caronno… e così per caso è iniziata questa storia infinita.

Sei cresciuta nel vivaio della Rhea per cui ti “conosciamo”, praticamente da sempre ma quando ti sei resa conto che quella per il Softball era una passione così forte?

I miei genitori mi hanno avvicinato al mondo dello sport sin da piccolissima e i primi anni ho praticato più di uno sport contemporaneamente. Il softball ha sempre avuto un fascino particolare per me. Credo di essermi resa conto che la passione per il softball superava quella per gli altri sport quando, crescendo e dovendo dedicare più tempo alla scuola, ogni volta che dovevo sacrificare un’attività, il softball non era mai un’opzione disponibile. Cosa che valeva anche per le minacce dei genitori quando non mi impegnavo a scuola o non mi comportavo bene… le minacce sul ritiro del telefono, il divieto di uscire ecc. non funzionavano… ma non appena la frase “non ti faccio più andare a giocare” veniva fuori, la solfa cambiava immediatamente.

Per te questa non è stata la prima esperienza di un anno negli Stati Uniti rispetto all’anno di High School vissuto in California che differenze hai visto tra il Softball di High School e quello di College?

Le differenze sono enormi. Dove ho frequentato la High School (ci sono delle High School che non scherzano per niente) sia gli allenamenti che le partite erano vissute come puro gioco e divertimento, mentre quest’anno, al college, il livello è decisamente cambiato e assomiglia a quello che si potrebbe dire un ambiente professionistico. Con pesi, preparazione atletica… gli allenatori si aspettano che tu segua il programma senza che loro te lo ricordino e la differenza tra chi lavora e chi no in palestra si nota poi in campo. Poi in campo l’atmosfera è molto seria, sì il divertimento… ma bisogna vincere oppure ti aspettano giri di corsa extra o si salta il giorno di riposo.

Questa prima stagione in Florida ti ha “portato” il primo “vero” fuoricampo della tua carriera, che emozione hai provato?

Sinceramente, pensavo che ormai non sarebbe arrivato mai! (dopo innumerevoli doppi a 1 o 2 metri dalla rete mi ero arresa all’idea che i fuoricampo non facevano parte del mio destino) Tanto che quando ho colpito quella palla, dopo aver superato la prima ero convita che alzando la testa avrei visto l’esterno posizionato tranquillamente a pochi passi dalla rete in attesa che la passa gli finisse nel guanto! Invece quando ho alzato la testa tutti sorridevano e Karla in terza mi faceva gesti col braccio per farmi continuare a correre. Credo di aver realizzato di aver battuto un HR una volta superata la terza… e lì ho iniziato a sorridere e non riuscivo più a smettere… non ci volevo credere!

Cosa ti aspettavi da questa nuova esperienza americana e in che cosa pensi che ti abbia aiutato a migliorare?

Dall’esperienza al college mi aspettavo molte cose. Immaginavo avrei dovuto lavorare duro per guadagnarmi un posto nel line-up, e così è stato. Al college non c’è spazio per giocatrici indecise e incostanti… ed è una cosa che ho imparato sperimentandolo sulla mia pelle e con il sudore lasciato nella gabbia di battuta e sul diamante. Dopo quest’anno ho imparato più che mai che le sconfitte, personali e non, non devono abbatterti ma spingerti a lavorare di più per raggiungere il tuo obiettivo. La cosa che mi ha aiutato di più è stata la costanza degli allenamenti e delle partite. Essere in campo tutti i giorni e giocare da 4 a 6 partite la settimana non permette di distrarsi dal gioco. La mente e sempre concentrata sulla prossima partita, l’approccio che avrò al prossimo turno in battuta o a cosa aspettarmi in difesa dal prossimo battitore. Questa intensità mi ha aiutato a migliorare la mia analisi del gioco e la capacità di concentrazione che nel softball sono fondamentali.

C’è qualche cosa che, invece, non è stato positivo oppure, semplicemente, non è stato come ti aspettavi?

Una cosa che decisamente non mi aspettavo dal softball al college era il rapporto conflittuale tra squadra e allenatrici (Karla esclusa) che a volte rendeva il clima in campo estremamente pesante. Nella mia testa il College Softball assomigliava a una squadra professionistica dove c’è poco spazio per capricci e/o incomprensioni con gli allenatori. Sarà che le ragazze sono giovani o che passare così tanto tempo insieme complica le relazioni, ma le situazioni che si creavano a volte distraevano dagli obiettivi più grandi.

È stato difficile dover cambiare il modo di rapportarti con Karla visto che da compagna di squadra alla Rhea in Florida era il Coach che guidava la squadra in campo?

Rapportarsi con Karla non è stato tragico, ma devo dire che non è stato neanche naturalissimo. Ovviamente dovevamo in qualche modo mantenere una certa distanza visto i ruoli che avevamo e per rispetto delle mie compagne e delle altre allenatrici, però c’erano delle volte in cui, per esempio, veniva fuori l’argomento Rhea… iniziavamo a parlare e ci perdevano nei nostri discorsi… poi ci rendevamo conto che stavamo bloccando l’allenamento e dovevamo affrettarci a tornare alle nostre posizioni! Fortunatamente alla fine della stagione abbiamo avuto l’occasione di uscire tra di noi qualche volta e passare del tempo insieme senza preoccuparci dei ruoli e delle “linee” da non oltrepassare.

Come ti sei adattata alla vita del College, è così affascinante come può sembrare da… lontano?

La vita del College si può dire che assomigli a quella che noi vediamo rappresentata nei film… ma sicuramente non è così estrema come ce la fanno passare, almeno per gli student-athletes che hanno degli orari e degli impegni da rispettare molto stringenti. Mi sono molto goduta l’autonomia dell’abitare da sola, avere i miei spazi e del tempo da passare con me stessa; cosa che per gli studenti americani è un passaggio abituale una volta finito il liceo, ma per noi italiani non è così comune. Le occasioni per “distrarsi” ci sono e a volte tentano parecchio, ma se sei lì per uno scopo, soprattutto quando hai una borsa di studio che ti permette di studiare e giocare, senza costi, devi essere in grado di capire quando è tempo per una cosa e quando per un’altra.

Cosa ti piace del Softball?

Si può dire tutto? La cosa che mi tiene incollata al softball è il grado di ragionamento e strategia che c’è dietro. È uno sport che più degli altri necessita della capacità di prevedere cosa potrebbe succedere in ogni momento. Inoltre trovo unico come sia allo stesso tempo uno sport di squadra, dove da soli non si può andare da nessuna parte, ma molto individuale nelle sue manifestazioni: la valida, la presa, l’eliminazione. Nel softball hai la possibilità di essere protagonista nonostante sia il lavoro complessivo della squadra la chiave per vincere la partita.

Cosa NON ti piace del nostro Softball oppure cambieresti e/o faresti per migliorarlo?

Purtroppo il Softball è tanto bello quanto sconosciuto, e in un paese come l’Italia dove tutto gira intorno al calcio è difficile avvicinare le ragazze allo sport tanto più al softball. Sarebbe bello vedere da parte della federazione italiana uno sforzo reale verso lo sviluppo del movimento, soprattutto a livello giovanile, in particolare adesso che abbiamo più visibilità grazie alle olimpiadi del 2020. Mi rattrista vedere che le decisioni prese in questo periodo rischiano di deteriorare ulteriormente il settore giovanile italiano invece di farlo crescere per garantire un futuro migliore a questo magnifico sport.

Il tuo momento più bello e/o emozionante sul campo?

Ormai sono più anni che gioco di quelli che non gioco (rapporto è 15-7) e in questi anni il softball mi ha regalato moltissimi ricordi emozionanti. Non posso dire di averne uno più bello degli altri, ma sicuramente uno dei momenti che più ha inciso sulla mia passione per il Softball è stato giocare per la prima volta negli USA nel 2009 con la selezione lombarda under 13. Quei 10 giorni sono stati i più surreali della mia vita e hanno fatto sì che mi innamorassi in modo definitivo di questo sport ed è stato allora che mi sono resa conto che i sogni, dopo tutto, si possono realizzare.

Hai un… “sogno nel cassetto” … per quello che riguarda il Softball?

Il sogno che in questo momento sento più caro è quello di vincere uno scudetto con la Rhea. Il campo di Caronno è un luogo speciale, la nostra squadra ha qualcosa in più rispetto alle altre e vincere con loro sarebbe la ciliegina sulla torta di un’esperienza di vita che mi porterò sempre nel cuore. Invece il sogno nel cassetto, che secondo me è il sogno di ogni sportivo per definizione, è la possibilità di partecipare alle olimpiadi. In passato era un sogno irrealizzabile mentre oggi, per quanto lontano, è una possibilità, quindi si lavora anche per quello.

A parte il Softball quali sono le tue altre passioni?

Il Softball occupa la maggior parte del mio tempo e attenzione, poi per fortuna o purtroppo mi tocca studiare. Studio Scienze Politiche a Milano che è un ambito che mi appassiona molto, mentre nel tempo che mi rimane faccio di tutto, le cose che non mi interessano sono poche. La musica, di ogni genere a seconda dell’umore, fa sempre parte delle mie giornate. Viaggiare, scoprire culture e luoghi diversi dal mio è una delle cose che mi stimola di più, sia dal punto di vista dei rapporti umani che da quello storico. Sono una persona molto curiosa e quando ho attorno cose e persone nuove sono sempre contenta.

Segui altri sport?

Si, lo sport è una passione in ogni sua sfaccettatura, il softball è una malattia! Cerco di seguire un po’ tutto, soprattutto quando si tratta delle rappresentative nazionali. Lo sport che seguo di più oltre al softball è il tennis… sarà il fascino della palla gialla e la terra rossa.

Grazie Giulia!


TRA SPEAKER E SCORER  (Dialoghi tra sordi)
di DOX

Speaker’s corner

Si chiama così l’angolo di Hyde Park in Londra dove chiunque, salito su una sedia o anche solo su una cassetta vuota della frutta può tenere discorsi sparandole grosse quanto vuole. Questo è anche il compito dello speaker di Caronno.

REPUBLICA BOLIVARIANA DEL VENEZUELA

Questo è il nome ufficiale della nazione la cui squadra è ospite a Caronno Pertusella in questi giorni. (Tutti sanno chi era Simon Bolivar, vero?)

Due righe di riflessione seria in mezzo a tante stupidate. È sempre una cosa molto positiva per il nostro sport avere ospite una squadra di livello internazionale, magari per la prima ed unica volta in Italia (per loro è la seconda), guarda caso situazione utilissima per la nostra Nazionale, che avrà il Venezuela nello stesso girone dei mondiali giapponesi.

Sul campo di Caronno sono state ospiti squadre di molte nazioni, sono di casa Ceche e Francesi per la Coppa delle Prealpi. Anche per i tifosi e gli appassionati è bellissimo avere la possibilità di vedere dal vivo squadre di alto livello, e la risposta è sempre positiva, vedi l’afflusso di pubblico (anche dalla Sardegna!) alle gare delle USSSA Pride. Possibile che solo in uno o due campi si svolgano questi avvenimenti? E le altre società? Fare spettacolo e incrementare la passione per questo nostro sport in via di sparizione, no?

Certo, sono costi notevoli fornire viaggio-vitto-alloggio ad una nazionale straniera, e l’impegno dei volontari è pesante. La risposta è (non vogliamo considerare chi risponde “chi se ne frega”): costa troppo, non ci sono i soldi. Però per comperare e mantenere per una stagione 3-4-5 o più straniere e magari cambiarle per i play-off i soldi ci sono, e solo per dire “ho vinto qualche partita in più” e magari perdere scudetti già vinti.

D’accordo, abbiamo uno sponsor illuminato che condivide le nostre idee.

Credete che, volendo, anche a Caronno non si possa dire: in panchina tutte le nostre giovani, appendete il guanto al chiodo, compro quattro ceche e cinque olandesi e vinco lo scudetto? Ma lo scudetto di cosa, che tra alcuni anni in Italia il softball sarà ridotto a Caronno, Bollate, Collecchio, Pianoro e un paio di venete? (Controllare le atlete giovani in attività, le loro date e le squadre). A meno di finire come il calcio, con squadre di dieci stranieri e un italiano, e a quel paese la nazionale, con i risultati conseguenti.

Intanto godiamoci lo spettacolo della squadra sudamericana al completo, prima che una torma di presidenti (con la p minuscola) cali sul campo di Bariola per fare la spesa, invece di allevare giovani giocatrici italiane.

Il caro amico Bidus gongola del suo posto in vetta alla classifica, ma non mi aveva avvisato dello scherzone che ha rifilato alle bollatesi: approfittando della presenza dal Canada della sua Stella (concupita da sempre a Caronno per le sue qualità sportive e non, vedi Palle Mancate di anni or sono) l’ha messa in campo ottenendo due preziose vittorie. E al ritorno? Magari potrebbe ritornare per l’occasione. Si prepari Bidus a sacrificare il vitello grasso.